Il biscotto siamo noi. Il flop dell’Under 21 fuori dall’Europeo e dalle Olimpiadi fa scopa con la crisi della Nazionale fuori da due Mondiali consecutivi. E il problema si allarga ulteriormente se consideriamo che alcuni giocatori dell’Under sono gli stessi della squadra maggiore. Tonali è travolto dalla propria vicenda personale del trasferimento al Newcastle, Gnonto è un attaccante cui si è rivolto anche Mancini stesso senza ottenerne granché, mentre il no alla convocazione di Kean, giocatore come tanti, significa che la crisi non solo tecnica è davvero profonda. Di rifondazione in rifondazione e di flop in flop bisogna ormai ammettere solo una cosa: non sappiamo proprio che fare.
Il pericolo maggiore è l’indifferenza, perché di flop in flop si finisce quasi per farci il callo e un’eliminazione in più o in meno non fa più differenza. Il flop dell’
Il nuovo ricchissimo mondo del calcio arabo dove si stanno rifugiando grandi nomi da Ronaldo a Benzema, da Brozovic a Kolubaly, può svuotare e desertificare il calcio europeo? Beh, se di una specie di SuperLega stiamo parlando, bisogna dire che i soldi contano tanto ma non sono tutto. Il calcio ha bisogno di storia e tradizione, e prospera lì dove la spinta è popolare e viene dal basso. I milioni calati a pioggia sono un grande richiamo, ma è troppo presto per parlare di un rischio declino del calcio europeo a favore degli sceicchi e dei potentissimi fondi sovrani
Da Ronaldo a Benzema, da Koulibaly a Brozovic, tutti in Arabia Saudita, letteralmente ricoperti d’oro. Con ingaggi 6-7 volte superiori a quelli già altissimi che si pagano in Eu
Milano vince il suo 30° scudetto del basket dopo un play off contro Bologna, arrivato fino alla settima partita. Una supersfida testa testa tra due superbig del basket, per un finale di stagione molto spettacolare. Quasi tutti gli sport di squadra si affidano ai play off per assegnare il titolo, tranne il calcio fedele alla sua tradizione. Voi cosa direste se anche la Serie A introducesse questa novità? La considerereste un’offesa alla storia del football o un salto avanti nel futuro?
*** Ciao a tutti, invito caldamente ognuno a iscriversi ai canai social di Bloooog! e ai miei personali, così da facilitare i contatti interpersonali e poter anche guardate video,
Attenzione, reggetevi forte, sta esplodendo la bolla del calciomercato: il Milan ha venduto Sandro Tonali al Newcastle per 80 milioni. E’ un po’ come andare a mangiare la margherita a 25 euro nella pizzeria di Briatore. Ma chi ce li manda questi straricchi signori della Premier League a fare shopping in Italia? Ormai tutti vogliono applicare il metodo Giuntoli, il manager scudetto separato a Capri, che è all’origine del boom del Napoli: vendere, guadagnare e pure vincere. Praticamente il massimo. Non a caso il presidente De Laurentiis ha subito innalzato la quotazione di Osimhen: ora per prenderlo ci vogliono almeno 180 milioni di euro. Dalla Premier League all’Arabia Saudita una follia generale. Però fateci caso è un mercato di centrocampisti, difensori e persino portieri, ma di grandi centravanti a prezzo umano nemmeno l’ombra. Anche perché è come andare a caccia di perle sulla spiaggia di Rimini.
Proprio non riesco a capire come si possano pagare 70/80 milioni per prendersi Sandro Tonali – per prendere Haaland dal Borussia Dortmund il Manchester City ne pagò 60 più
L’amarissima primavera del calcio italiano. La Nazionale prende due schiaffi dalla Spagna in Nations League e va ad aggiungersi al triste elenco di quelli che hanno mancato l’occasione. Tre club sconfitti nelle tre finali delle Coppe, l’Under 20 fermata sul più bello nel Mondiale e adesso la Nazionale di Mancini col suo malinconico Bonucci. Cannavaro spietatamente lo aveva anticipato: “Bonucci ha già smesso, ma non lo ha ancora capito”. E forse qualche domanda dovrebbe farsela pure Mancini: è ancora l’uomo giusto al posto giusto?
Tanti saluti anche da Mancini & C, nemmeno la Nations League ci tocca. Due schiaffi dalla Spagna e amen. E già che ci siamo facciamo cinque: tre club e due nazionali. E’ la
Attenzione, è stato rimesso Rudi Garcia al centro del villaggio. Finalmente il casting napoletano dei 40 allenatori è terminato. Eliminati in 39 alla fine resta il francese simpatico e un po’ spaccone Rudi Garcia, detto anche Capitan Fracassa. Sull’ex allenatore della Roma cade la scelta di Aurelio De Laurentiis che decide di affidare a lui la panchina del dopo Spalletti. Che invece lo sostituì quando Garcia fu esonerato dalla Roma. Il titolo in Francia col Lille, due secondi posti con la Roma sempre dietro la Juventus, e poi esperienze varie in Francia e anche in Arabia Saudita con l’Al Nassr. Ma nemmeno Ronaldo gli è servito a combinare granché… Ora, come chiede De Laurentiis, non gli resta che vincere scudetto e Champions League!
Giovedì 15 giugno 2024 Caro, vecchio Rudi, guarda chi si rivede. Alla fine il casting ha detto Rudi Garcia, di 40 allenatori candidati al dopo Spalletti resta il francese simpat
Berlusconi, il calcio e l’origine della grande illusione
Per uno che vince la Coppa Campioni, anzi ne vince addirittura cinque, tanto da autocelebrarsi a lungo come presidente più vincente della storia del calcio, sarà uno scherzo non
Asciugati le lacrime Claudio e goditi l’applauso di tutto il calcio. Un grande bentornato a Claudio Ranieri, 71 anni, allenatore che ci ha abituato a grandi imprese umane e tecniche. Non solo il Leicester, per lui l’impresa oggi è aver riportato clamorosamente in Serie A il Cagliari dopo averlo preso al 14° posto in Serie B, sei mesi fa. Nello spareggio promozione col Bari Ranieri gioca la carta disperata di Pavoletti negli ultimi minuti e quando tutto sembrava ormai scritto con lo stadio San Nicola che stava già festeggiando ecco che l’attaccante segna il gol che rovescia un destino ormai già scritto: il Cagliari in Serie A, il Bari di De Laurentiis resta in Serie B. Per Ranieri il Cagliari è una questione di cuore, in Sardegna cominciò la sua carriera di allenatore sempre in giro per l’Europa. “Avrei vissuto come una sconfitta personale non riuscire a riportare il Cagliari in A, E comunque io da grande voglio fare l’allenatore”.
L’immagine più bella, ma anche curiosa, è quella mano fuori campo che entra nell’inquadratura e si appoggia sulla testa di Claudio Ranieri in lacrime. Lo accarezza più volte
Il miracolo non c’è stato: l’Inter piange, è il trionfo di Pep Guardiola. Terza sconfitta per le tre italiane arrivate nelle finali di tutte e tre le Coppe. Grandi complimenti da tutti e manco un trofeo. La Champions League va allo straricco Manchester City degli sceicchi, che con Guardiola hanno costruito un superclub internazionale: bastano un gol di Rodri e qualche parata del portiere. L’oosessione è finita: Guardiola torna sul trono d’Europa dai tempi del Barcellona, e dopo 12 anni si toglie di dosso il marchio di aver vinto le precedenti Champions solo perché c’era Messi. Come da pronostico l’Inter deve accontentarsi di essere arrivata in finale. Anche perché Lautaro e Lukaku sbagliano oggettivamente tutto il possibile. E adesso il rimpianto per Inzaghi è forse non aver rovesciato il suo piano strategico: partire con Lukaku e mettere Dzeko al suo posto, dopo. Ma col senno di poi siamo tutti campioni. Ci resta quello che dice il grande Velasco: “Chi vince festeggia e chi perde spiega”. Facciamocene una ragione e chiudiamola qui.
Facciamo finta di essere sportivi e i rimpianti lasciamoli per ultimi. Anzi, facciamo finta di non averne. Complimenti a Pep Guardiola, clone di Einstein nell’universo del pa
Ci siamo, Manchester City-Inter è la grande notte della Champions League. Guardiola cerca l’affermazione personale per togliersi di dosso il marchio delle grandi vittorie internazionali ottenute per merito di Messi & C al Barcellona (ormai 11 anni fa). L’Inter è arrivata sorpresa fino a Istanbul. Tutto dice City, ma non per Guardiola che anzi non asseconda i pronostici e smonta il proprio mito. “Ho avuto Messi in passato e Haaland adesso, questo è il motivo del mio successo. Non è mai esistito un allenatore che abbia fatto un gol”.
“Ho avuto Messi in passato e Haaland adesso, questo è il motivo del mio successo. Non c’è mai stato un allenatore che ha segnato un gol”. Il gioco di Pep Guardiola, non que