Il COSO della Roma
Credo di aver trovato la soluzione all’annoso problema del fantasmatico stadio della Roma di cui si parla da 30 anni ma che nessuno a Roma ha mai visto.
Inutile che qui vi faccia la cronistoria o il punto della situazione sul gran pasticciaccio brutto romano. Uno stadio per il calcio della Roma o della Lazio non esiste, non c’è. Dicono sempre che lo vogliono costruire qui o là, a Tor di Valle o Pietralata, oppure di volerne resuscitare un altro, il povero e malridotto Flaminio, nel caso della Lazio, ma alla fine uno stadio che non sia il trionfale Olimpico non c’è.
Non l’ha costruito Dino Viola, non l’hanno costruito Franco Sensi o sua figlia Rosella, non l’ha costruito Ciarrapico, non l’hanno costruito gli americani, James Pallotta o Dan Friedkin. Nessuno. Né tantomeno sembra che dalle chiacchiere si voglia passare finalmente alle gru. Da qui all’eternità chissà se lo stadio della Roma arriverà.
Poi leggendo che a Roma stanno per costruire finalmente un TERMOVALORIZZATORE mi è scattata la molla. Ma che cos’è un termovalorizzatore se non un inceneritore di monnezza che è grande più o meno quanto uno stadio e soprattutto costa quanto uno stadio?
L’inceneritore ha scatenato un casino politico che ha fatto cadere giunte e governi, mentre Roma soffocava di monnezza. Alla fine senza nemmeno più vergognarsene, la Capitale d’Italia, tanto ci ha fatto l’abitudine e si è rassegnata . L’inceneritore ha ciminiere mostruose che vomitano nuvole nere e per questo ha sempre sollevato opposizione e scatenato guerre politiche e opposizioni feroci, di principio.
Il termovalorizzatore è la stessa identica cosa, è solo un inceneritore chiamato in altro modo, ma mette meno paura. Anzi posso perfino farlo diventare un po’ fico se ci metto orti, giardino, gli faccio produrre energia elettrica magari da distribuire gratis, ci faccio dentro una sala congressi e una biblioteca. Insomma lo faccio diventare un’attrazione di cui ora tutti aspettano che si posi la prima pietra e soprattutto che entri in funzione nel 2027. Evitando di spendere soldi per mandare in giro la nostro monnezza per tutta Europa, a farla bruciare da qualcun altro guadagnandoci pure sopra. Ipocritamente paghiamo perché la nostra monnezza la bruci qualcun altro, e se questo inquina che inquini lui ma non noi. Affari suoi. E comunque un termovalorizzatore è sempre meglio di una nuova discarica, che alla fine non si sa più dove seppellirli tutti ‘sti milioni di tonnellate di monnezza. Senza contare poi l’inquinamento ben maggiore e lo sfregio del territorio.
Insomma il discorso sarebbe molto lungo, ma in sintesi un termovalorizzatore a Roma si fa, uno stadio no.
Non saprei ma forse il problema dello stadio della Roma è proprio la parola stadio, che al solo pronunciarla scoppia un casino, tutti si fermano, e il problema comincia a farsi assurdo se non addirittura kafkiano.
Escludendo dunque la parola stadio e anche quella impianto, troppo fredda, direi che il termine migliore per definire lo stadio, è quello che a Roma è il più indefinito per eccellenza, vale per tutto. E cioè COSO. Non più lo stadio della Roma, allora, ma il COSO DELLA ROMA. Provateci, sono convinto che funzionerà. Pensate a Gualtieri e Friedkin che in camicia e pala in mano pongono in terra il primo mattone del COSO.
Siate felici, tifosi giallorossi: entro il 2080, sicuro!, avrete il nuovo COSO DELLA ROMA.
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