Se mai ce ne fosse ancora bisogno di conferma, si è capito che l’80% delle sorti della Roma è nei piedi e nelle invenzioni di Paolino Dybala, “il Messi de noantri”. Campione del Mondo, ma solo una comparsa nell’Argentina interamente occupata dal genio del più grande di tutti, ai Mondiali in Qatar più che segnare il suo rigore nella serie della finalissima contro la Francia non ha potuto fare. Viceversa nella Roma Dybala è sempre più influente e decisivo, si direbbe addirittura indispensabile: con lui la Roma vince, senza di lui la sofferenza nel gioco e nei risultati è ben più alta. E’ per questo che Mourinho, il cui contributo a livello di gioco della Roma è praticamente inesistente, se lo coccola non solo come campione, ma anche come amuleto. E anzi di Dybala ne vorrebbe molti di più…
Il campione del mondo Paulo Dybala non è Messi, ma per la Roma, oggi, è come se lo fosse. Se vuoi vincere la partita col Genoa e passare il turno di Coppa Italia non bastano gl
A dolore si aggiunge altro dolore. Purtroppo anche Gianluca Vialli non c’è più, un tumore al pancreas se lo è portato via a Londra a soli 58 anni. E’ successo incredibilmente pochi giorni dopo i funerali a Roma di Sinisa Mihajlovic, stroncato da una leucemia a 53 anni. Di Vialli ci restano le immagini dei suoi gol, la straordinaria avventura scudetto con la Sampdoria di Vujadin Boskov, la simpatia e la spensieratezza dell’esperienza con la popolarissima Nazionale Under 21 di Azeglio Vicini, la sua bellissima amicizia di una vita col compagno di squadra e ct azzurro Roberto Mancini. Una valanga di gol e una sintonia perfetta in campo e fuori, di loro due si ricorda soprattutto quel meraviglioso abbraccio dell’11 luglio 2021 a Wembley, quando l’Italia vinse l’Europeo con Mancini ct e Vialli capodelegazione azzurro. E’ terribile, Roberto Mancini ha visto morire nel giro di pochi giorni i migliori amici che abbia avuto nel calcio. Paolo Rossi, Bellugi, Garella, Mihajlovic, Vialli e troppi altri: resta sullo sfondo l’angoscia e la paura per quanto sta succedendo nel calcio: esiste un filo che unisce tutte queste morti premature? Cercare di sapere, una volta che il dolore sarà attenuato. Se mai sarà possibile…
Londra: oggi, venerdì 6 gennaio 2023, giorno della Befana. Quasi fosse uno scherzo, una beffa di quelle come sarebbero piaciute a lui, ma purtroppo non lo è. Stavolta l’add
Addio a Pelé, il Brasile e il calcio in lutto. Dopo Maradona, in due anni, se ne è andato un altro grandissimo: noi che vivemmo in diretta tv la notte della finale di Mexico ’70 ce lo ricordiamo benissimo… Vinse tre volte il campionato del mondo, ha segnato più di mille gol, non venne mai a giocare in Europa. Poverissimo, faceva il lustrascarpe per sopravvivere, divenne ben presto l’icona del Brasile e del football. E’ stato più grande lui o è stato più grande Maradona? Il tempo e l’epoca della comunicazione cambiano la percezione, il Sudamerica allora era molto più lontano e sulla tv a colori Pelé ci arrivò solo nella seconda metà degli anni 70. Maradona e Messi hanno vissuto epoche diverse, chi sia stato il più grande alla fine non è così importante: dobbiamo solo ringraziare di averli potuti vivere entrambi. Ed è stata una gioia infinita.
Addio Pelé, il primo ad averci fatto capire che i brasiliani sostituiscono un nome lungo e complicato con un soprannome più breve, in questo caso Edson Arantes do Nascimento R
Aveva un bellissimo sorriso, era un guerriero, ma non eterno. Sinisa Mihajlovic se ne è andato a soli 53 anni, dopo aver lottato per ben tre anni contro la leucemia. E’ stato un grande calciatore, un centrocampista forte, potente, un leader, famosissimo per le sue punizioni bomba: alla Mihajlovic appunto. Personaggio discusso, esuberante, sempre protagonista. Da allenatore gli piacevano le citazioni di Kennedy e dei grandi della storia. Ha combattuto la malattia con tutto il suo carattere, si è suddiviso, finché ha potuto, tra le cure e il suo Bologna. Fino a quando non è arrivata la resa.
Sinisa Mihajlovic aveva appena 53 anni. Ha tentato in tutti i modi di rimanere attaccato alla vita e al calcio – la sua vita appunto – ma non ci è riuscito. La leucemi
Da Carmelo Bene a Lele Adani, uno strano viaggio nel passato, quando nei primi anni 80 l’attore, drammaturgo, regista e scrittore scriveva articoli sulla Roma, Falcao, Liedholm, Borg e lo Sport. La polemica sportiva e calcistica allora era di questo livello. Carmelo Bene dalle colonne de “Il Messaggero” sentenziava: “la marcatura a uomo è il festival del trauma ortopedico”, “il dribbling è volgare e scatena la volgarità di massa”, “la zona va applicata anche alla boxe”, “Falcao in campo è una presenza celestiale”. Un libro raccoglie quegli articoli, per scoprire a 40 anni di distanza che sono ancora freschi, superpolemici, paradossali: spesso con la rivalità Juve-Roma al centro, ma ricchi anche di altri personaggi. Perfino Borg e la Ferrari “Trattore Rosso”. Carmelo Bene, cantore della Zona di Liedholm, identificò come nemico e cercò lo scontro anche con Gianni Brera, campione del vecchio gioco all’italiana. Una bella sera finì a insulti feroci in Campidoglio, ma Brera non se lo filò più di tanto. Brera era abituato a essere circondato di nemici e dunque Bene era solo uno dei tanti….
“La marcatura a uomo è volgare. Si usava nelle tribù antropofaghe. La caccia all’uomo di certi nostrani terzini degenera, in non troppo dissimili mischie, bollori di femori,
Il Pallone d’Oro a Benzema non solo è giusto e indiscutibile, ma segna un cambio d’epoca. Anche se l’attaccante francese ci arriva a 35 anni, e dopo quasi 500 gol in carriera. Il premio chiude la storia straordinaria del football di Messi e Ronaldo che abbiamo avuto la fortuna di aver vissuto e torna nell’epoca di un calcio più terrestre e a misura d’uomo. Ma nella storia di questi super campioni c’entrano anche i grandi club dove giocano o hanno giocato. Dopo il Barcellona e il Real Madrid né Messi né Ronaldo sono tornati al livello di quei tempi. Certo se Messi dovesse finalmente vincere il Mondiale con l’Argentina…
Il Pallone d’Oro a Karim Benzema ci porta dritti in un mondo nuovo. Non perché Benzema sia un giovane – va ormai per i 35 anni e nel mirino ha messo il traguardo dei 500 g
Damiano Tommasi sindaco di Verona. Così un calciatore con un grande spirito di servizio riesce a fare quello che la politica del centrosinistra per decenni non è riuscita a fare, togliere alla destra il ruolo guida di una grande e importante città italiana. Damiano è stato calciatore della Roma per dieci anni, è stato in Nazionale e giocato oltre 500 partite da professionista. E’ stato anche per nove anni presidente dell’Associazione Calciatori, dedicando soprattutto la sua attenzione ai calciatori non in vetrina e che nei campionati minori non vivono certo una vita glamour, da ricchi privilegiati. L’intera sua vita è stata dedicata agli altri, alle associazioni di volontariato, il suo pregio è saper ascoltare ed essere sempre pronto a dedicarsi agli ultimi e agli emarginati. In lui la gente vede un sincero messaggio di pace sociale. Insomma oggi Damiano Tommasi è il bello del calcio
Il bello del calcio, Damiano Tommasi sindaco di Verona. E’ sorprendente come un calciatore, con una lunga storia di impegno sociale alle spalle e con un’immagine non consueta,
Qatar 2022, ai Mondiali senza Italia non ci resta che tifare Messi. Sarà la sua ultima chance, forse….
Ci sono tutti tranne noi. La sintesi di Qatar 22 – si giocherà dal 21 novembre al 18 dicembre 2022 – è brutalmente questa. Un Mondiale d’inverno di cui forse sentir
Ibrahimovic, il Milan, lo scudetto e il contratto a 41 anni. Un’icona per l’Italia che invecchia
IBRAHIMOVIC E IL SUO TALLONE D’ACHILLE Non ci sarà un Mondiale nemmeno per Zlatan Ibrahimovic, uno dei migliori giocatori al mondo. Con la sua Svezia ci è arrivato solo due
Donnarumma ha sbagliato, ma non è un capro espiatorio. E poi ora non c’entra il giudizio morale…
Siti, Tv, radio, giornali pieni di Donnarumma e della sua clamorosa papera contro il Real Madrid. Il caso Donnarumma impazza ancora due giorni dopo la partita l’eliminazione